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LUNEDì 14 NOVEMBRE 2022

Lunedì 21 novembre 2022

COSTITUZIONE DOGMATICA SULLA DIVINA RIVELAZIONE DEI VERBUM  (18 novembre 1965)

Si raccomanda la lettura della sacra Scrittura

  1. 25. Perciò è necessario che tutti i chierici, principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della parola, conservino un contatto continuo con le Scritture mediante una lettura spirituale assidua e uno studio accurato, affinché non diventi « un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé» [38], mentre deve partecipare ai fedeli a lui affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra liturgia. Parimenti il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere « la sublime scienza di Gesù Cristo » (Fil3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. « L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo » [39]. Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo; poiché «quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini » [40]. Compete ai vescovi, «depositari della dottrina apostolica » [41], ammaestrare opportunamente i fedeli loro affidati sul retto uso dei libri divini, in modo particolare del Nuovo Testamento e in primo luogo dei Vangeli, grazie a traduzioni dei sacri testi; queste devono essere corredate delle note necessarie e veramente sufficienti, affinché i figli della Chiesa si familiarizzino con sicurezza e profitto con le sacre Scritture e si imbevano del loro spirito. Inoltre, siano preparate edizioni della sacra Scrittura fornite di idonee annotazioni, ad uso anche dei non cristiani e adattate alla loro situazione; sia i pastori d’anime, sia i cristiani di qualsiasi stato avranno cura di diffonderle con zelo e prudenza.

COSTITUZIONE PASTORALE SULLA CHIESA NEL MONDO CONTEMPORANEO
GAUDIUM ET SPES

  1. Dignità della coscienza morale.

Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato (17). La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità (18). Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo (19). Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità numerosi problemi morali, che sorgono tanto nella vita privata quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità. Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato.

ESAME DI COSCIENZA GENERALE

Ogni sera in 10-15 minuti questi 5 passi

  1. CHIEDI LUCE = invoca lo Spirito che ti illumini con il dono dell’Intelletto che ci aiuta a non essere superficiali, ma ad arrivare al cuore delle cose, a saper entrare nelle pieghe della tua giornata (nel profondo). Questo dono, infatti, può agire in diversi modi: può darci la capacità di conoscere noi stessi e affrontare coscientemente ciò che in noi non va, oppure di conoscere e capire a fondo gli altri, ma può essere anche l’intelligenza spirituale per leggere la Bibbia fra le righe e ricavarne un nutrimento di vita. E’ il dono della “profondità” contro la “superficialità”, dell’”essere” contro l’”apparire”…, Con il dono della Scienza che come luce ci aiuta a saper conoscere nelle cose/persone/situazioni la bellezza e la potenza di Dio e ad amarla. Con il dono della Sapienza che ci concede il gusto della conoscenza del creato e quindi del suo Creatore, Dio, per conoscerlo e amarlo (ci aiuta soprattutto a saper distinguere il bene dal male. per sapervi leggere con gli stessi occhi di Dio)
  2. SAPPI DIRE GRAZIE = per le occasioni in cui, nella tua giornata, Dio ha provato a parlarti e a rivelarti qualcosa di se stesso e di te e lo ha fatto attraverso la tua storia e a sua Parola. Vai alla ricerca dei “semi di luce” che Dio “ha seminato nei solchi della tua giornata” (specialmente quelli gratuiti, sorprendenti)
  3. RICONOSCI CIO’ CHE TI ACCADE = sappi andare alla radice di quanto ti è accaduto (non fermarti ai frutti della pianta, ma vai a scoprirne le radici profonde, dove attingono linfa, di cosa si nutrono). Sappi leggere le costanti, nel bene e nel male, di quanto avviene dentro di te. Qui ti verrà in aiuto, come consigliera e “luce che dirada le tenebre” quella Parola che lentamente ti stai abituando ad ascoltare e meditare. Prova a dare un nome a ciò che ti accade. Non avere timore di chiamare “male-peccato” ciò che fa’ male e produce peccato; è il primo modo di prenderne le distanze, di allontanarlo.
  4. SAPPI DIRE “SCUSA”: una richiesta di perdono sincera, come davanti ad un amico, ad un Padre , perché il tuo cammino non è uno sforzo sovrumano e solitario di perfezione (che sarebbe un peccato di perfezionismo destinato a fallire, implodere come nel mito di Icaro) ma è un riconoscere che siamo in relazione con Dio (e tramite Lui con gli altri, e viceversa) e là dove la relazione scricchiola, fa piangere o soffrire, il primo e vero “olio che risana” è la parola “pietà di me”-miserere (che vuol dire riconoscere con contrizione di aver ferito qualcuno ma che da quel qualcuno può venire la salvezza)
  5. ABBANDONATI A LUI = come chi ha capito che per volare non è sufficiente avere realizzato l’aliante più bello, perfetto, leggero, essere il pilota migliore, avere le rotte precise, e quant’altro, (raramente o quasi mai ci si riesce – diciamocelo chiaro!) ma bisogna abbandonarsi fiduciosi al VENTO. Solo così si vola

ESAME DI COSCIENZA PARTICOLARE

Ogni sera in 10-15 minuti questi 5 passi inerenti ad un punto specifico sul quale stiamo lottando e lavorando

  1. CHIEDI LUCE
  2. SAPPI DIRE GRAZIE
  3. RICONOSCI CIO’ CHE TI ACCADE
  4. SAPPI DIRE “SCUSA
  5. ABBANDONATI A LUI

LUNEDì 28 NOVEMBRE 2022

LUNEDì 5 DICEMBRE 2022

ISTRUZIONE SULL’ACCIDIA

Cerchiamo la sorgente di questo fiume inquinato che è il nostro disordine.

Di cosa si tratta?

  • L’accidia è uno degli otto vizi capitali.

     Vizi capitali (≠peccati): pensieri, sentimenti, impulsi, inclinazioni che affiorano nel cuore e seducono l’uomo, cercando di farlo cadere in tentazione. Sono come le porte che fanno entrare il male che ci rovina.

  • È come una paralisi, una tristezza, una forza di gravità interiore che ci costringe a vivere nel disordine e nello stesso tempo è il pensiero che ci giustifica nella nostra assuefazione al disordine.
  • Il termine viene dal greco akedía: da a-kēdos, senza dolore. È uno stato inerte, è l’indolenza, la mancanza di dolore e di cura. Infatti è l’incapacità di resistere in una fatica, di perseverare, di dedicarsi, di responsabilizzarsi. Non è tanto il non fare nulla (ozio), quanto il non fare ciò che bisogna fare, adesso! È il perdersi in mille distrazioni (anche buone), inventarsi mille scuse (anche sante…) per non portare avanti lo studio, il lavoro o la fatica di una relazione… Ci si chiede spesso: “Ma chi me lo fa fare? Già mi sono rotto…”.
  • L’accidia è questo sostrato di scontentezza, tristezza, invidia, di pessimismo, noia, che ti accompagna sempre e rende poco fruttuoso quello che fai. Chi è colpito dall’accidia avverte un senso di disordine e di illogicità in cui si intrecciano reazioni contrastanti: si detesta tutto ciò che si ha e si desidera ciò che non si ha.
  • È il male della nostra società: si va in fissa con una cosa e poi ci si stanca subito. Si passa continuamente da una cosa all’altra. È quel sentimento ancora più devastante della tristezza perché è una pulsione di morte, di disgusto per la vita che rende tutto pesante, stancante. È il male oscuro che ci fa vedere tutto nero. È la paralisi dell’anima.
  • Caratteristica dell’accidia è lo sconforto, l’impossibilità di vedere qualche cosa di buono e di positivo: tutto viene ridotto al negativismo e al pessimismo. L’insoddisfazione diventa la modalità normale di affrontare l’esistenza. Questo ci può portare a una brutta malattia: il vittimismo! Chi fa alleanza con questi “pensieri neri” è in preda all’accidia, e rischia la vera e propria depressione.

La scoperta dell’accidia la dobbiamo ai Padri del deserto, monaci antichi che nella solitudine hanno trovato Dio, ma anche la debolezza umana in tutte le sue forme.

Seguiremo soprattutto le indicazioni di Evagrio Pontico, che chiama l’accidia il “demone del mezzogiorno”, perché è la tentazione che assale il monaco a metà della giornata, quando l’entusiasmo viene meno, quando l’ardore si è spento.

A quell’ora, commenta san Nilo (un altro monaco), il monaco si istupidisce: “Lo sguardo dell’accidioso si posa ossessivamente sulla finestra e, con la fantasia, egli si finge l’immagine di qualcuno che viene a visitarlo; ad uno scricchiolio della porta, balza in piedi; sente una voce, e corre ad affacciarsi alla finestra a guardare; e tuttavia non scende in strada, ma torna a sedersi dov’era, torpido e come allibito. Se legge, s’interrompe inquieto e, un minuto dopo, scivola nel sonno; si frega la faccia con le mani, distende le dita e, tolti gli occhi dal libro, li fissa alla parete; di nuovo li rimette sul libro, va avanti per qualche riga, ribalbettando la fine di ogni parola che legge; e intanto si riempie la testa con calcoli oziosi, conta il numero delle pagine e i fogli dei quaderni; e gli vengono in odio le lettere e le belle miniature che ha davanti agli occhi, finché, da ultimo, richiude il libro e lo usa come cuscino per il suo capo, cadendo in un sonno breve e non profondo, da cui lo desta un senso di privazione e di fame che deve saziare” (San Nilo, De octo spiritibus malitiae).

Le manifestazioni

  1. Paura esagerata degli ostacoliche si possono incontrare. C’è paralisi.
  2. Avversione a tutto ciò che costa fatica. Repulsione.
  3. Negligenza nell’osservare l’ordine, le regole. È un’instabilità nel bene, irrequietezza interiore. Ho bisogno di cambiare, non mi accontento di rimanere in una scelta. Voglia di cambiare casa, lavoro, amicizie, compagnie.
  4. Incapacità di resistere alle tentazioni. Vivo in una sorta di torpore, indolenza e progressiva trascuratezza, che mi porta a non avversare più il peccato. Si tratta della pusillanimità: l’anima si accontenta della mediocrità.
  5. Avversione verso le persone che sono veramente zelanti proprio perché fanno sempre le cose per bene, osservando le regole. Irritazione verso i superiori, la moglie o il marito.
  6. Perdita di tempo prezioso.
  7. La libertà concessa ai sensi, alla curiosità, al piacere di divertirsi, di usare di tutto. Una delle conseguenze dell’anima accidiosa è l’insofferenza per la monotonia della vita quotidiana e per i propri doveri.
  8. Negligenza nei principali doveri del proprio stato. Dimentico di vivere la missione specifica del mio stato, che io sia sposato o sacerdote, e dimentico il fine ultimo della mia vita.

LA CAUSA

Due tradizioni: quella dei monaci dell’oriente e quella dell’occidente.

  • In oriente l’accidia è stata legata alla tristezza. E da dove nasce la tristezza?
  1. Dalla non accettazione delle sofferenze o ingiustizie subite nella vita o semplicemente dall’abbattimento di fronte alle difficoltà.
  2. Dalla frustrazione dei nostri desideri (falsi?).
  3. Dal non saper vivere nell’oggi (nostalgia, idealizzazione del passato, paura del futuro o proiezione in un futuro idealizzato).
  • In occidente l’accidia è stata legata all’invidia. E da dove nasce l’invidia?

Dal paragone sistematico con gli altri (fin dall’infanzia. Le gelosie familiari sono terribili!). i nostri occhi non sono capaci di vedere i doni che abbiamo e guardiamo o desideriamo ciò che gli altri hanno. Questo ci porta alla tristezza, perché vediamo frustrato il nostro desiderio o perché il bene altrui lo viviamo come un male nostro.

Tutte queste cose possono essere riassunte con una sola causa: l’amore smodato per se stessi, quella passione per se stessi che porta ad essere prigionieri del proprio io. Questo amore di sè è in fondo il vero idolo che minaccia la nostra vita.

Questo amor proprio smodato i Padri lo chiamavano la philautìa, la tenerezza per noi stessi. La fonte principale dell’Accidia è l’amore del proprio comodo, del quieto vivere, di ciò che è piacevole; una concezione “borghese” della vita interiore, per cui non vogliamo privarci di nessuna soddisfazione umana di ordine affettivo, estetico…

Questo desiderio di stare bene è deleterio perché porta a preoccuparmi troppo di me e non a uscire fuori di me e quindi a donarmi veramente. Qui occorre riscoprire un principio spirituale: il mio PER. Il mio esistere c’è per annunciare l’amore di Dio, io ci sono per testimoniare l’amore di Dio. Questo è il fine della nostra vita.

LE REAZIONI ISTINTIVE

Due poli opposti.

  • MINIMALISMO: l’apatia, l’indifferenza, il disinteresse, la noia, l’ozio, la trascuratezza: “Non mi va!”.
  • MASSIMALISMO: il sovraffaticamento, l’agenda piena, l’attivismo: “Sono super-impegnato!”.

Discernere sull’intenzione. Vedere quale intenzione c’è alla base di ciò che facciamo o tralasciamo.

Si tratta di vedere se facciamo il bene per se stesso oppure se lo strumentalizziamo in vista di scopi egoistici. Evagrio ci dà anche dei criteri per distinguere il vero amore del prossimo:

  • La mitezza. L’amore quando è vero rende la persona amabile, serena, amorevole. L’attivismo che nasce dall’accidia rende invece amari e impazienti. (Veleno!)
  • La pace nella fatica: ti fai in quattro, ma alla fine della giornata non sei contento, mentre l’amore vero, anche se sei stanchissimo, ti lascia una grande pace. Quando dai nell’amore trovi riposo, pace!

I RIMEDI

Innanzitutto l’accidia va identificata come un nemico reale contro cui bisogna davvero lottare, altrimenti sarà impossibile vivere bene, essere felici. È il nemico numero uno. È necessario avere questa convinzione.

Enzo Bianchi (Una lotta per la vita. Conoscere e combattere i peccati capitali, 2011):

Davvero vale la pena di lottare, perché quella spirituale è una lotta per la vita piena, una lotta il cui scopo è l’amore: saper amare meglio ed essere amati meglio”.               

7 rimedi classici per l’accidia:

  1. La pazienza (la perseveranza)
  2. La stabilitas
  3. La preghiera
  4. La vigilanza
  5. La memoria mortis
  6. L’exagouresis (l’apertura del cuore al padre spirituale)
  7. Il lavoro manuale

Non c’è niente di straordinario nei rimedi proposti, sono mezzi che già conosciamo e che vanno vissuti con molta costanza e fedeltà. Perché, come ogni cura, funzionano se c’è la fedeltà.